Le clausole nei contratti di credito aziendale:

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Tra disciplina finanziaria e zone d’ombra

Nel finanziamento d’impresa, le clausole contrattuali — spesso chiamate covenants — svolgono un ruolo tanto discreto quanto essenziale. Strutturano il rapporto tra finanziatore e debitore, tutelano gli interessi di entrambe le parti e creano un quadro di disciplina finanziaria. Eppure, si dimentica spesso ciò che implicano davvero: vincoli, rischio di attivazioni involontarie, ma anche un mezzo per evitare incomprensioni in situazioni di tensione.

Entriamo nell’architettura di queste clausole, sottolineando ciò che molti suppongono (a torto), ciò che garantiscono realmente e il modo in cui influenzano la vita di un’azienda finanziata.


1. Clausole negative: ciò che l’azienda si impegna a non fare

La negative covenant mira a impedire al debitore di compiere determinate azioni senza l’accordo del finanziatore.

In linea di principio:

Vieta decisioni che potrebbero deteriorare la solvibilità o il valore della società.

Nella pratica (la vera sfumatura):

Molte aziende ritengono di conservare un’ampia autonomia e pensano che queste clausole si applichino solo a decisioni “estreme”.

Errore frequente: alcune formulazioni sono talmente ampie che un semplice contratto di leasing o un prestito infragruppo può costituire una violazione.

Esempi ricorrenti:

Ciò che un finanziatore prudente monitora:

Le clausole negative proteggono contro la diluizione del rischio.

Ma se sono troppo rigide, possono diventare controproducenti e frenare la crescita.


2. Clausole positive: ciò che l’azienda si impegna a fare

Obbligano il debitore a rispettare determinati comportamenti proattivi.

Obiettivi più frequenti:

Un’idea ricevuta da correggere:

Una clausola positiva non è un semplice obbligo amministrativo.

Alcune, come il rispetto dei covenant finanziari, possono far scattare un event of default anche se l’azienda è redditizia ma attraversa un trimestre atipico.

Perché i finanziatori insistono su queste clausole?

Permettono una rilevazione precoce dei rischi, molto prima di un mancato pagamento.

Sono l’equivalente bancario delle spie di allarme in un cockpit.


3. Clausola pari passu: uguaglianza… ma non equità assoluta

La clausola pari passu garantisce che il debito in questione sia trattato allo stesso rango delle altre passività chirografarie esistenti.

Ciò che le imprese spesso credono:

“Pari passu = tutti i creditori sono trattati in modo identico.”

Non proprio.

In realtà:

Nel finanziamento strutturato:

Deve essere abbinata a una negative pledge (divieto di concessione di garanzie).

Altrimenti, il debitore può concedere garanzie a un nuovo finanziatore → quest’ultimo diventa di fatto senior.


4. Clausola di non distribuzione di dividendi: disciplina o rigidità?

Questa clausola vieta o limita la distribuzione di dividendi finché il debito non è rimborsato o finché i covenants non sono rispettati.

Logica economica:

Impedisce l’uscita di liquidità che dovrebbe servire prioritariamente al servizio del debito.

Controargomentazione legittima:

Nei gruppi internazionali, questa clausola può complicare il cash pooling o la risalita di dividendi verso una holding, anche se l’azienda gode di un’ottima salute.

Ciò che un finanziatore cerca qui:

Stabilità della tesoreria.

Ma un eccesso di rigidità può frenare lo sviluppo strategico.


5. Clausola di cessione globale dei crediti: l’arma finale del finanziatore

Molto presente nei contratti svizzeri, tedeschi o austriaci, trasferisce al finanziatore tutte o parte delle crediti verso clienti (global assignment / cessione globale).

Effetto utile:

Ma attenzione:

Può trasformarsi in un freno operativo:

Analisi critica:

È una clausola potente, ma va maneggiata con precisione.

Un debitore spesso sopravvaluta il proprio grado di comfort con questa cessione… fino alla prima tensione di liquidità.


6. Clausola di Material Adverse Change (MAC)

Anche se non era espressamente richiesta, rientra tra le clausole più temute.

Consente al finanziatore di interrompere o sospendere la linea di credito se un evento significativo deteriora la situazione dell’impresa.

Problema fondamentale:

La MAC è spesso soggettiva, il che crea un potere asimmetrico.

In fase di negoziazione:

Occorre incorniciarla prevedendo:


7. Perché queste clausole vanno lette come un sistema e non isolatamente

Un buon contratto di credito si basa su un equilibrio:

La vera forza di un finanziamento ben negoziato sta nell’avere covenants:

È proprio qui che un attore come PrestaFlex crea valore: trasformare una relazione potenzialmente conflittuale in un patto chiaro, stabile e intelligente tra l’azienda e i suoi finanziatori.


Conclusione: le clausole non sono ostacoli, ma barriere razionali di protezione

Ben comprese, ben negoziate e ben calibrate, diventano:

Se fraintese, si trasformano in mine antiuomo giuridiche.

In un panorama finanziario sempre più esigente – covenants IFRS, indici di liquidità, requisiti prudenziali, crescita dei finanziamenti alternativi – padroneggiare queste clausole non è più un vantaggio: è una necessità strategica.

Un articolo di Munur Aslan, direttore di PrestaFlex

Vedi anche i nostri articoli Finanziamento impresa Zurigo e Finanziamento impresa Berna per una visione ancora più ampia.

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Tra disciplina finanziaria e zone d’ombra

Nel finanziamento d’impresa, le clausole contrattuali — spesso chiamate covenants — svolgono un ruolo tanto discreto quanto essenziale. Strutturano il rapporto tra finanziatore e debitore, tutelano gli interessi di entrambe le parti e creano un quadro di disciplina finanziaria. Eppure, si dimentica spesso ciò che implicano davvero: vincoli, rischio di attivazioni involontarie, ma anche un mezzo per evitare incomprensioni in situazioni di tensione.

Entriamo nell’architettura di queste clausole, sottolineando ciò che molti suppongono (a torto), ciò che garantiscono realmente e il modo in cui influenzano la vita di un’azienda finanziata.


1. Clausole negative: ciò che l’azienda si impegna a non fare

La negative covenant mira a impedire al debitore di compiere determinate azioni senza l’accordo del finanziatore.

In linea di principio:

Vieta decisioni che potrebbero deteriorare la solvibilità o il valore della società.

Nella pratica (la vera sfumatura):

Molte aziende ritengono di conservare un’ampia autonomia e pensano che queste clausole si applichino solo a decisioni “estreme”.

Errore frequente: alcune formulazioni sono talmente ampie che un semplice contratto di leasing o un prestito infragruppo può costituire una violazione.

Esempi ricorrenti:

  • divieto di indebitarsi ulteriormente;
  • divieto di costituire ulteriori pegni o ipoteche;
  • divieto di vendere un’attività strategica senza autorizzazione;
  • divieto di concedere prestiti a terzi.

Ciò che un finanziatore prudente monitora:

Le clausole negative proteggono contro la diluizione del rischio.

Ma se sono troppo rigide, possono diventare controproducenti e frenare la crescita.


2. Clausole positive: ciò che l’azienda si impegna a fare

Obbligano il debitore a rispettare determinati comportamenti proattivi.

Obiettivi più frequenti:

  • fornire tempestivamente i bilanci e la documentazione finanziaria;
  • mantenere coperture assicurative adeguate;
  • rispettare determinati indici finanziari (liquidità, leverage, EBITDA/interessi, DSCR).

Un’idea ricevuta da correggere:

Una clausola positiva non è un semplice obbligo amministrativo.

Alcune, come il rispetto dei covenant finanziari, possono far scattare un event of default anche se l’azienda è redditizia ma attraversa un trimestre atipico.

Perché i finanziatori insistono su queste clausole?

Permettono una rilevazione precoce dei rischi, molto prima di un mancato pagamento.

Sono l’equivalente bancario delle spie di allarme in un cockpit.


3. Clausola pari passu: uguaglianza… ma non equità assoluta

La clausola pari passu garantisce che il debito in questione sia trattato allo stesso rango delle altre passività chirografarie esistenti.

Ciò che le imprese spesso credono:

“Pari passu = tutti i creditori sono trattati in modo identico.”

Non proprio.

In realtà:

  • protegge contro una subordinazione contrattuale non dichiarata;
  • non protegge contro i creditori garantiti (ipoteche, pegni);
  • non impone un pagamento simultaneo, ma un trattamento non discriminatorio.

Nel finanziamento strutturato:

Deve essere abbinata a una negative pledge (divieto di concessione di garanzie).

Altrimenti, il debitore può concedere garanzie a un nuovo finanziatore → quest’ultimo diventa di fatto senior.


4. Clausola di non distribuzione di dividendi: disciplina o rigidità?

Questa clausola vieta o limita la distribuzione di dividendi finché il debito non è rimborsato o finché i covenants non sono rispettati.

Logica economica:

Impedisce l’uscita di liquidità che dovrebbe servire prioritariamente al servizio del debito.

Controargomentazione legittima:

Nei gruppi internazionali, questa clausola può complicare il cash pooling o la risalita di dividendi verso una holding, anche se l’azienda gode di un’ottima salute.

Ciò che un finanziatore cerca qui:

Stabilità della tesoreria.

Ma un eccesso di rigidità può frenare lo sviluppo strategico.


5. Clausola di cessione globale dei crediti: l’arma finale del finanziatore

Molto presente nei contratti svizzeri, tedeschi o austriaci, trasferisce al finanziatore tutte o parte delle crediti verso clienti (global assignment / cessione globale).

Effetto utile:

  • pone il debito a carico di un’attività liquida;
  • riduce il rischio per il finanziatore;
  • può consentire una riduzione del tasso d’interesse.

Ma attenzione:

Può trasformarsi in un freno operativo:

  • l’azienda deve informare i propri debitori in caso di escussione;
  • perde parzialmente il controllo sulla propria tesoreria;
  • può spaventare partner commerciali in caso di crisi.

Analisi critica:

È una clausola potente, ma va maneggiata con precisione.

Un debitore spesso sopravvaluta il proprio grado di comfort con questa cessione… fino alla prima tensione di liquidità.


6. Clausola di Material Adverse Change (MAC)

Anche se non era espressamente richiesta, rientra tra le clausole più temute.

Consente al finanziatore di interrompere o sospendere la linea di credito se un evento significativo deteriora la situazione dell’impresa.

Problema fondamentale:

La MAC è spesso soggettiva, il che crea un potere asimmetrico.

In fase di negoziazione:

Occorre incorniciarla prevedendo:

  • soglie quantitative;
  • criteri oggettivi;
  • esclusioni (ad es. turbative macroeconomiche generali).

7. Perché queste clausole vanno lette come un sistema e non isolatamente

Un buon contratto di credito si basa su un equilibrio:

  • troppo poche clausole = il finanziatore si assume un rischio eccessivo → tasso più elevato o rifiuto del finanziamento;
  • troppe clausole = il debitore si ritrova in violazione permanente → instabilità giuridica.

La vera forza di un finanziamento ben negoziato sta nell’avere covenants:

  • pertinenti,
  • misurabili,
  • proporzionati,
  • allineati alla realtà operativa.

È proprio qui che un attore come PrestaFlex crea valore: trasformare una relazione potenzialmente conflittuale in un patto chiaro, stabile e intelligente tra l’azienda e i suoi finanziatori.


Conclusione: le clausole non sono ostacoli, ma barriere razionali di protezione

Ben comprese, ben negoziate e ben calibrate, diventano:

  • strumenti di trasparenza,
  • meccanismi di protezione,
  • segnali di fiducia reciproca.

Se fraintese, si trasformano in mine antiuomo giuridiche.

In un panorama finanziario sempre più esigente – covenants IFRS, indici di liquidità, requisiti prudenziali, crescita dei finanziamenti alternativi – padroneggiare queste clausole non è più un vantaggio: è una necessità strategica.

Un articolo di Munur Aslan, direttore di PrestaFlex

Vedi anche i nostri articoli Finanziamento impresa Zurigo e Finanziamento impresa Berna per una visione ancora più ampia.

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